Trento Filmfestival. Forte presenza di Appennino alla 66esima edizione.

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di Aldo Frezza – E’ in pieno svolgimento a Trento il Filmfestival, giunto alla sua 66esima edizione. Film e documentari provenienti da ogni paese del mondo, accomunati dai temi della montagna, dell’avventura e dell’esplorazione, sono proiettati nei cinema della città, che dal 26 aprile al 6 maggio si trasforma nella capitale della montagna e dell’alpinismo.

Non c’è solo cinema in queste giornate, ma anche conferenze, serate-evento con grandissimi ospiti (uno per tutti: Reinhold Messner) e libri, tanti libri. Nelle stesse date, infatti, si svolge infatti, a pochi metri dalla sede storica del Filmfestival, la rassegna collaterale di “Montagnalibri”; anche qui, dunque, conferenze, presentazioni editoriali, incontri letterari con ospiti illustri.

Come sempre, la rassegna è dedicata ad un paese del mondo, che presenta in un’apposita sezione le sue opere cinematografiche e i suoi autori. Quest’anno, la scelta è caduta sul Giappone, al quale sono dedicati anche eventi culturali e mostre.

A guardare il programma cinematografico, si nota una cospicua presenza – forse maggiore rispetto alle passate edizioni – di autori ed opere che trattano zone vicine all’Appennino.

Qui di seguito, quelle che abbiamo notato scartabellando tra le varie sezioni del festival, accompagnate da alcune note sinottiche, così come presentate sul sito della rassegna

Per la sezione “Concorso” (I migliori documentari e cortometraggi concorrono alle Genziane assegnate da una giuria composta da personalità del mondo del cinema, della cultura e dell’alpinismo).

Il monte delle formiche” di Riccardo Palladino (2017, 63’)

Da secoli, ogni anno, l’8 di settembre, sul Monte delle Formiche vicino Pianoro (BO) giungono miriadi di sciami di formiche alate. Come nubi che offuscano il cielo, i piccoli insetti si accoppiano in un meraviglioso volo a cui segue la morte di tutti i maschi, che cadono esausti sul sagrato della un tempo chiamata “Santa Maria Formicarum”. Il volo nuziale risplende come un’apparizione estatica di fronte agli occhi dei curiosi, dei turisti e dei fedeli, i quali ogni anno giungono qui per ammirare e per celebrare la festa dedicata alla “Vergine del Monte delle Formiche”. Questo evento singolare è il punto di partenza della riflessione del film, che si interroga sulla natura dei piccoli insetti e dell’essere umano. Grandi scrittori come il poeta Premio Nobel Maurice Maeterlinck e l’entomologo Carlo Emery hanno studiato ampiamente i piccoli insetti, mettendo in relazione il regno delle formiche con il mondo degli uomini.

 

“Lorello e Brunello”diJacopo Quadri (20117, 86’)

Lorello e Brunello Biondi, gemelli, vivono da soli nel podere dove sono nati ai Pianetti di Sovana, in Maremma. Lavorano senza sosta ma non ce la fanno: hanno 400 pecore e 100 ettari di terra, ma il latte vale sempre meno e il grano peggio. Vedono prosperare intorno a loro i grandi viticoltori oggi proprietari del latifondo. Insieme a Lorello e Brunello ci sono i Biondi: Ultimina, che li ha visti nascere, Giuliano che non riesce a governare i maiali e sua mamma Wilma che vorrebbe ribellarsi a quella miseria. Mirella, la fidanzata rumena di Brunello che ogni sabato cucina e pulisce, ma non può fermarsi a dormire. Il film segue per un anno la vita dei gemelli Biondi e dei vicini del podere, un giorno dopo l’altro, a mungere e vegliare, con la minaccia dei lupi che stanno ripopolando le macchie, le albe, la polvere, i recinti, il fieno, le morti e le nascite, gli animali.

Per la sezione “Eurorama” (I film premiati nei festival di cinema etnografico scelti dal Museo degli Usi e dei Costumi di San Michele all’Adige

“Aperti al pubblico”di Silvia Bellotti (2017, 60’)

l’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Napoli gestisce i 40.000 alloggi presenti in città e provincia. Gli uffici sono il palcoscenico di accese tenzoni verbali tra gli impiegati e moltitudini di utenti che presentano casi di difficile soluzione. Il film, che oscilla tra l’assurdo kafkiano e le pagine più divertenti del teatro partenopeo, non ha intenti giudicanti, ma è fermamente intenzionato a mostrarci il funzionamento di questa “burocrazia del compromesso”.

 

Per la sezione “Terre Alte” (Documentari d’autore su genti di montagna, tradizioni e paesaggi in trasformazione

Appennino”di Emiliano Dante (2017, 66’)

Appennino è un diario cinematografico che si sposta lungo l’Appennino centrale: inizia dalla lenta ricostruzione de L’Aquila, la città del regista, e prosegue con il terremoto di Amatrice e Arquata del Tronto e la vita in albergo dopo i terremoti di Norcia e di Montereale-Campotosto. È un racconto intimo e ironico, lirico e geometrico, dove la questione di vivere in un’area sismica diviene lo strumento per riflettere sul senso stesso del fare “cinema del reale”.

 

“Argonauti”di Alessandro Penta (2018, 54’)

Cosa ci fa Giasone seguito da un manipolo di eroi nel piccolo paese di San Chirico Raparo in Basilicata? Forse si trova qui il famoso Vello d’oro? O forse per trovarlo bisogna partire ed affrontare un lungo viaggio? Il viaggio è il filo che unisce le diverse storie che attraversano il documentario: quello degli argonauti, un viaggio antico di secoli; quello degli abitanti di San Chirico, quasi tutti emigrati all’estero e tornati in vecchiaia; e infine il viaggio dei nuovi migranti, giovani che affrontando enormi pericoli sono arrivati proprio qui.

 

 

Entroterra. Memorie e desideri delle montagne minori” di Andrea Chiloiro, Matteo Ragno, Riccardo Franchini, Giovanni Labriola (2018, 58’)

Sono centinaia i paesi, le borgate e le frazioni abbandonate e sparse lungo tutta la dorsale appenninica. Il film, tratto da un’esperienza di viaggio e di ricerca, prova a ricostruire i recenti processi di spopolamento. Dall’Emilia alla Calabria, dalla Campania all’Abruzzo, storie, luoghi e personaggi si intrecciano in un’unica voce appenninica, in cui eventi e tendenze affini uniscono territori anche molto distanti fra loro, immaginando nuove prospettive e possibili radicamenti in alta quota. I quattro registi sono i componenti di Boschilla, un progetto di ricerca multimediale sulla montagna e sulle aree interne nato nel 2014.

 

“Pellegrino”di Ruben Monterosso e Federico Savonitto (2018, 72’)

Un viaggio nelle storie che gravitano intorno al monte Pellegrino, la montagna che sovrasta Palermo e con cui la città intrattiene un rapporto millenario. Pellegrino è il racconto di un luogo dove sacro, profano, natura e storia coesistono ed esercitano forti attrazioni. Il film segue le orme dei suoi frequentatori incrociando i percorsi di artisti, nomadi, naturalisti, alchimisti e pellegrini che, per ragione o necessità, trovano nel monte un’ossessione, un motivo di passaggio o la traccia di una risposta. Una riflessione sul senso dell’abitare la natura e sul rapporto intimo che si può instaurare tra le persone e i luoghi

 

 

“Il club dei centenari”di Pietro Mereu (2016, 32’)

La storia dei centenari che vivono in Ogliastra, una zona molto isolata della Sardegna, abitata da circa 60 mila persone. In questo territorio vivono circa 50 centenari, con una delle percentuali più alte al mondo, e moltissime persone in età molto avanzata. Scienziati da ogni parte del mondo cercano di capire il segreto della loro longevità.

Ma non solo cinema, dicevamo, al festival di Trento. E non solo tra le proiezioni si affaccia la presenza dell’Appennino. Tra gli incontri di “Montagnalibri” segnaliamo, tra gli altri, il 2 Maggio, nell’area archeologica di Palazzo Lodron, la presentazione della seconda edizione di “Incontri ad alta quota” di Stefano Ardito, divulgatore e profondo conoscitore delle montagne appenniniche e non solo. E tra i personaggi dell’alpinismo mondiale di cui Stefano Ardito parla nel libro, la sua scelta è stata di portare a Trento, presentandolo al pubblico ed intervistandolo, un personaggio lassù poco noto: Pierluigi Bini. Per la prima volta, un alpinista nato e cresciuto tra le falesie romane e le grandi pareti d’Appennino parlerà al pubblico trentino di sé e delle sue salite, dal Gran Sasso, all’apertura di nuove vie in falesie, alle prime in solitaria di famose vie in Dolomiti (Detassis al Croz dell’Altissimo, la Gogna alla Sud della Marmolada, la Via dei Fachiri alla Cima Scoton solo per citarne qualcuna). E non mancherà il ricordo dell’amico fidato che spesso lo accompagnava, Vito Plumari, il “vecchiaccio” diventato ormai leggenda tra i frequentatori delle pareti appenniniche negli anni ’70 – ’80.

Il 3 maggio, invece, anche se non riguarda solo l’Appennino, ci preme segnalare l’incontro su “Dove va l’editoria di montagna? Il ruolo del CAI”. Il dibattito, presso la sala conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, tratterà delle nuove linee guide per le pubblicazioni di montagna seguite dall’associazione, in collaborazione con le case editrice che ne seguono i principi.

E terminiamo con il segnalare, per chi si ferma a Trento, l’evento del 5 maggio al nuovo spazio alpino della SAT, in via Manci 57: Francesco M. Caldarelli e Maurizio Gentilini presenteranno ” Gli archivi e la montagna” delle edizione CNR, una ricerca che vuole far conoscere il patrimonio archivistico e documentario custodito dalle maggiori istituzioni italiane interessate alla montagna.

 

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