di Cristina Ternovec – Gli alberi e i boschi hanno da sempre affascinato l’uomo. Specialmente in passato, quando l’uomo viveva in stretto contatto con la natura, il bosco veniva considerato come uno spazio dove potersi proteggere, un luogo dove ripararsi, ma anche come una porta d’ingresso verso il divino. Del resto gli alberi con il loro ciclico rinnovarsi sono un’essenza di vita.
Le foreste furono probabilmente i primi templi, i primi spazi sacri. Il bosco sacro, rappresentato da varie essenze arboree, come l’olivo, il leccio, il cipresso, la quercia o il pino, e’ presente presso tutti i popoli dell’antichita’: dagli assiro-babilonesi, ai greci, ai fenici, ai celti.




Molte sono le testimonianze che ci ricordano la presenza dei boschi sacri nell’Italia centrale. La parola latina lucus, che indica il bosco sacro, e’ etimologicamente legata a lucem, lux, luce e denota una radura nel bosco dove arriva la luce del sole. La presenza dell’elemento toponomastico Luco ci guida verso le localita’ in cui sorgevano fin dai tempi piu’ remoti i boschi sacri. Lucoli, nei pressi di Campo Felice e Monte Luco sopra la Valle dell’Aterno, conosciuto oggi come la Pineta di Roio, ambedue dedicati alla dea Feronia, Luco dei Marsi nei pressi del Fucino, dedicato alla dea Angizia, la Piana del Luco in Val d’Orta, Piediluco in provincia di Terni, vicino all’antico Lago Velino e Monteluco di Spoleto. Da ricordare anche Lucus Feroniae e il bosco sacro di Egeria alle porte di Roma.
Proprio del bosco sacro di Monteluco si e’ parlato recentemente, durante il convegno sulle “Montagne sacre”, (Rieti 13/14 novembre 2016) organizzato dall’Universita’ della Tuscia nell’ambito della giornata Internazionale della Montagna che si celebra ogni anno l’11 dicembre. Nell’intervento esposto dal prof. B.Schirone, docente all’Universita’ della Tuscia e promotore del corso di Laurea in Scienze della montagna, e’ stata evidenziata la possibilita’ che i lecci presenti oggi nel bosco di Monteluco sopra Spoleto siano polloni degli stessi esemplari che componevano il lucus dedicato a Giove dagli antichi romani. Quindi ceppaie millenarie, che hanno attraversato la storia, portandosi dietro il loro patrimonio genetico in un continuo rinnovarsi, di stagione in stagione, dimostrando cosi’ che gli alberi sono immortali.
I boschi sacri, intesi come santuari, ci indicano anche la presenza di antiche vie commerciali, spesso legate alla transumanza. E’ il caso di Monteluco nelle cui vicinanze passava la via Eraclea per dirigersi poi verso Narni e Roma.
Tra le curiosita’ legate a Monteluco c’e’ il ritrovamento nel 1876 di una lapide, scritta in latino arcaico, risalente al III sec. a.C. e conosciuta come Lex Luci Spoletina. Questo testo puo’ essere considerato come un primo esempio di norma forestale, che regolamentava l’utilizzo di aree boschive e da cui ha preso spunto la legislazione odierna sulle aree protette.
“nessuno violi questo bosco, ne’ alcuno porti via in qualsiasi modo quello che al bosco appartiene, ne’ si tagli, se non nel giorno in cui si faccia l’annuo sacrificio; solo in quel giorno, e perche’ si faccia senza inganno e per le necessita’ del sacrificio, sara’ lecito tagliare. Se qualcuno trasgredira’ dovra’ offrire un sacrificio espiatorio con un bue. Chi trasgredira’ volontariamente e con cattiva intenzione dovra’ offrire a Giove un bue come sacrificio espiatorio e verra’ multato con trecento assi. Sara’ compito del dicator controllare l’offerta del sacrificio e riscuotere la multa”.
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