Quale futuro per il Parco del Gran Sasso?

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di Alberto Osti Guerrazzi – del futuro del Parco Nazionale Gran Sasso Laga si è discusso durante il Festival della Montagna dell’Aquila, che si è svolto dal 2 al 4 ottobre scorsi.

Il Festival è stato un successo notevole, il pubblico è accorso numerosissimo, e non solo dalla città. Alcune manifestazioni sono state molto interessanti, come la finale regionale di Bouldering, davvero spettacolare.

Tra i tanti eventi, uno rivestiva un interesse particolare, il dibattito pubblico sul futuro del Parco Nazionale del Gran Sasso tenutosi nell’Auditorium di Renzo Piano, che ha visto la partecipazione di un folto pubblico e la presenza del sindaco Cialente e del vice presidente della Regione Lolli.

Dopo l’introduzione dei ragazzi di Gran Sasso Anno Zero, l’associazione che ha organizzato festival e dibattito, il primo intervento è stato di grande interesse: un esperto di una società di consulenza del Nord ha illustrato, con statistiche molto efficaci, come ormai tutti i trend di sviluppo montano più avanzati, e che meglio rispondono alle nuove richieste del turismo, hanno in pratica abbandonato lo sci alpino in favore di nuove pratiche molto più economiche nella gestione e sostenibili per l’ambiente; e ciò non per una scelta ideologica, ma per motivi di domanda del mercato, che sempre più chiede tranquillità, natura incontaminata, lentezza.

Questo intervento a mio parere lucido e lungimirante è stato in pratica ignorato da quasi tutti i successivi oratori; in particolare dall’esponente del comitato Save Gran Sasso, comitato che sta promuovendo un referendum (da tenersi forse a maggio 2016) per la riperimetrazione dei SIC del Parco al fine di permettere la ristrutturazione e l’estensione degli impianti sciistici esistenti (Campo Imperatore e Monte Cristo, che tra l’altro verrebbero collegati da un nuovo, grande impianto). In sé le motivazioni addotte dal comitato non sono illogiche: ristrutturare gli impianti, come restaurare l’albergo e l’ostello di Campo Imperatore, non sono cose sbagliate.

A parte il fatto che l’attacco ai SIC potrebbe aprire la porta ad altre riduzioni e riperimetrazioni assai pericolose, mi pare tuttavia chele motivazioni di fondo alla base delle richieste del comitato, appoggiate tanto da Lolli che da Cialente, si basino su una concezione dello sviluppo montano ormai superata, che non potrà che portare qualche limitato vantaggio nel breve periodo e svantaggi a medio-lungo termine.

Più lucido in tal senso l’intervento di Luca Mazzoleni, gestore del rifugio Franchetti: “è necessario aumentare il numero di rifugi e la ricettività di turisti in tal senso, bisogna curare i sentieri e fare una serie di piccoli interventi senza parlare solo delle grandi cifre che caratterizzano l’impiantistica”.

Non si può che concordare con lui, sperando che anche i cittadini dell’Aquila capiscano che il loro futuro e quello del Gran Sasso non può che essere legato ad uno sviluppo davvero sostenibile.

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