I ghiacci dell’Appennino

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di Cristiano Iurisci – in occasione delle feste di S. Antonio la sezione CAI di Lanciano ha organizzato una mostra cine-fotografica sulla montagna in genere (11-13 giugno), nella quale uno dei temi era sul cambiamento climatico e sugli effetti che questo ha sui ghiacci. Tema più volte dibattuto da vari enti, comuni e associazioni, con foto dei ghiacci d’Alaska, delle Alpi, dell’Himalaya, delle Ande, con ritiri glaciali misurabili in chilometri! Ma la particolarità di questa mostra è l’ambito: è cioè si parlava delle ‘nostre’ montagne: ovvero di come il cambiamento climatico in atto ha di fatto sciolto tutto o quasi il ghiaccio d’Appennino. Oltre al conosciuto Ghiacciaio del Calderone, sono inoltre messi in mostra i cambiamenti anche di alcuni altri (piccoli) apparati nivo-glaciali un tempo perenni nei massicci più elevati del nostro Appennino. Val Forcone, Pozzo di Monte Amaro, nei pensili dell’Acquaviva, glacionevato del Franchetti e delle Murelle, divengono per la prima oggetto di questa problematica. Sono presenti poi foto storiche del Calderone di fino ‘800 confrontate con la stessa inquadratura a distanza di anni (1920, 1950, 1987, ecc.) fino alla completa sparizione avvenuta nel 1990 dove per la prima volta il ghiacciaio del Calderone appariva quasi completamente sepolto di ghiaia.

Nei vent’anni successivi questo evento si è più volte ripetuto (1998, 2001, 2007, 2012) tanto che il ghiacciaio si è diviso in due ‘pezzi’ (1998) fino ad essere declassato nel 2014 dal comitato glaciologico italiano a Glacieret, ovvero a piccolo ghiacciaio o placca di ghiaccio esente da movimenti gravitativi e da crepacci. Si tratta quindi di un ghiaccio fossile, ma ancora presente, destinato alla completa sparizione di alcuni anni se non fosse il fatto che è ormai totalmente coperto di ghiaia (con spessori fino ad oltre 2m) che ne determina un più lento scioglimento ma che comunque avverrà  entro alcune decine (20, 30, 40 anni al massimo) di anni. La neve che in alcuni anni ‘permane’ sul Calderone è da considerarsi distaccata dal ghiaccio sepolto sottostante, non vi è più combinazione tra i due strati e, anche se dovessero ricrearsi condizioni favorevoli alla conservazione della neve si deve parlare di ‘rinascita’ ex-novo.

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