di Luigi Nespeca – ogni mattina percorrendo le strade del mio quartiere passo in una via dove è possibile controllare la situazione nivologica del quadrante di Appennino a Nord-Est di Roma: il cucuzzolo di Monte Gennaro appare imbiancato e la neve arriva sino a 1000 circa. La giornata è buona ed anche se in serata è prevista una bufera in Appennino decidiamo di organizzare un’avventura fotografica per catturare le luci del tramonto sulle vette più alte dei Monti Lucretili.
L’appuntamento con i compagni di cordata è fissato per le prime ore del pomeriggio ed insieme raggiungiamo la località Prato Favale, nel territorio montano di Marcellina; lungo la strada tortuosa qualche chiazza di neve nel bosco ci fa ben sperare in un gradevole pomeriggio di montagna subito fuori le porte della metropoli.
Iniziamo a camminare qualche minuto prima delle 16 ed il sentiero è illuminato da un sole debole che filtra tra le nubi che nel frattempo si sono addensate sopra di noi facendo sfumare la prospettiva di un tramonto memorabile. Affatto scoraggiati dalle condizioni del cielo raggiungiamo di buon passo la Valle Cavalera ed intorno ai 900 metri di quota la neve inizia a coprire il terreno dapprima sporadicamente quindi più uniforme. In pochi minuti l’ambiente intorno a noi è mutato, ormai siamo in un bosco invernale, al suolo una buona copertura nevosa rende oggi più agevole risalire la vallata che per via dei ciottoli risulta sempre insidiosa, specialmente nei giorni umidi.
La neve gradevole e ben trasformata offre scorci di interesse fotografico quindi di tanto in tanto rallentiamo per catturare la luce di qualche raggio di sole che evidenzia la bellezza di questa faggeta. In breve siamo fuori dalla Valle Cavalera ed attraversiamo il pratone di Monte Gennaro oggi coperto da un cielo plumbeo che, siamo convinti, ci vieterà la vista del tramonto sull’orizzonte della grande città. Mentre il sole è sempre più basso ci apprestiamo ad uscire dall’ultimo tratto di bosco prima di affrontare la salita della piramide rocciosa di vetta.
Siamo ormai allo scoperto, in alto appare la croce della cima di Monte Zappi; quasi d’improvviso il cielo si apre all’orizzonte lasciando passare una luce rossa che in pochi attimi infuoca l’atmosfera intorno a noi. Mi volto verso Est e le montagne dietro di noi sono inondate di colori pastello tra il rosa e l’arancione. Affretto il passo perchè ho capito che il tramonto si lascerà fotografare. Sono in prossimità della vetta e mentre il respiro si affanna per l’emozione e la fatica, i nembi salgono nebulosi dalla pianura laziale, spinti in alto dai venti che impattano contro la parete della montagna. Mentre le nubi svolazzano indisciplinate si colorano di arancione e l’atmosfera è quasi surreale: il sole all’orizzonte è un disco rosso di fuoco che sta incendiando l’aria.
Questi sono attimi fugaci e occorre essere pronti a cogliere la bellezza per imprimerla nei sensori delle nostre attrezzatura fotografica: un rapimento mi coglie ed inizio a scattare fotografie cercando di imprigionare gli ultimi raggi di questa domenica, ma non è possibile rallentare la discesa del sole verso ovest. Presto la luce inizia a farsi bruna e la temperatura rapidamente precipita sotto lo zero.
Montiamo le lampade frontali che illumineranno la via del rientro; la temperatura sta gelando la neve ed ora scrocchia ogni volta che i nostri scarponi ci affondano il tacco per trovare una presa e non scivolare. Presto è notte e ci affidiamo completamente alle nostre lampade frontali per attraversare le tenebre della Valle Cavalera mentre un rapace notturno ci fa compagnia con il suo canto sinistro. Un’avventura selvaggia a pochi chilometri dalla metropoli.
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