Le interviste di appenninico.it: Alessandro Gogna

Le interviste di appenninico.it: Alessandro Gogna

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di Aldo Frezza – durante Montagne in Città, la rassegna romana di cinema e letteratura di montagna terminata la scorsa settimana, abbiamo avuto l’occasione di porre alcune domande ad Alessandro Gogna, venuto a presentare i vincitori del premio Roberto Iannilli.

Nato a Genova ma residente da tempo a Milano, Gogna è alpinista, consulente ambientale, guida alpina, storico, giornalista e scrittore di montagna, tra i fondatori di Mountain Wilderness e autore di un seguitissimo blog.

Appenninico: per la nostra prima domanda non ci rivolgiamo a te come alpinista ma come autore di uno dei più seguiti blog di montagna: “Gogna-blog”.  E spesso pubblichi su di esso anche notizie di Appennino. Ci racconti un po’ di come lavori e di quanto ti impegna?

A.G.: Ci lavoro praticamente da solo, gli unici aiuti di cui mi avvalgo solo di qualcuno che mi aiuta per le traduzioni da varie lingue straniere. Leggo molte notizie da tutto il mondo. Il blog mi impegna moltissimo, praticamente tutto il giorno. Cerco di non seguire la cronaca, ma di andare verso contenuti di più largo respiro, di approfondimento. Pianifico sempre l’uscita degli articoli scadenzandone l’uscita. Ne ho attualmente alcuni programmati fino ad ottobre 2018, anche se, a volte accade qualcosa che ti costringe a scrivere subito e a scompaginare tutta la programmazione.

Cerco sempre di dare un taglio non localistico al blog, e per questo mi occupo di montagna non solo dell’arco alpino ma anche di altre zone, compreso l’Appennino. Per quanto riguarda il lato economico, non mi faccio illusioni: dal blog non guadagno un solo euro, i miei introiti derivano dalle serate e dalle conferenze che faccio in giro per l’Italia, e di cui una parte va a finanziare il blog. Presto esso sarà inserito in un più ampio portale, e di molte cose (pubblicazione, ecc…) si occuperanno anche altri.

Appenninico: come pensi che sia comunicata oggi la montagna? Come pensi che possa migliorare la sua comuniczione?

A.G.: Sicuramente è comunicata molto male, e dirò una cosa che potrà forse sembrare provocatoria: una delle maggiori colpe di tale mancanza di comunicazione è il “puntare sui parchi”. Non perché i Parchi non ci debbano essere, ma perché puntare l’attenzione su di essi fa perdere di vista tante altre zone, altrettanto belle ed interessanti, ma che restano sconosciute, rischiando così di rimanere vittime dell’abbandono o di ogni altra forma di abuso.

Non parliamo poi di come è comunicato l’alpinismo. A parte le imprese più eclatanti, che riescono ad avere qualche eco sui media, nulla si sa di tante cose che vengono realizzate sulle pareti vicino casa nostra. Bisogna dire però, che adesso, con Internet, a voler cercare, è più facile trovare informazioni su tutto questo.

Un altro problema è la scarsa conoscenza di tante zone dimenticate di cui si parlava prima. Molta comunicazione su di esse è ridotta ai brevi comunicati delle sezioni del CAI, dove si dice, ad esempio “i nostri soci in escursione a….”. A parte che nessuno legge queste notizie, se non i soli soci che hanno partecipato alla gita, la comunicazione su questi luoghi dovrebbe puntare a far capire PERCHE’ è bello andare a visitarli, camminarci o arrampicarci.

Appenninico: veniamo al nostro Appennino. Quanto lo conosci, quanto lo frequenti?

A.G.: Non si può dire che lo conosca, né che lo frequenti. Essendo cresciuto a Genova andavo spesso sulle Alpi Apuane, poi da lì al Gran Sasso non conosco nulla, non ci sono mai stato. Così come non sono mai stato – e me ne dispiace molto – ai Sibillini o ai Monti della Laga. Ho frequentato e conosco molto bene, invece, per avere scritto “Mezzogiorno di pietra”, l’Appennino Meridionale: i monti della Calabria, il Pollino (ci sono stato molte volte), la Sicilia e la Sardegna.

Appenninico: quali pensi che siano oggi i maggiori problemi della montagna italiana, e dell’Appennino in particolare?

A.G:  L’Appennino, secondo me, è meglio delle Alpi per quanto riguarda la sua conservazione ma, d’altro canto, soffre per il fatto di essere meno conosciuto. Le Alpi hanno conosciuto negli anni troppi casi di orribili scempi, dovuti soprattutto alla cultura degli impianti da sci. L’Appennino avrebbe il grande vantaggio di poter vedere quanto è successo sulle Alpi, e di poterlo quindi evitare. Purtroppo, però, non sembra che accada questo e sembra invece prevalere la voglia di imitare il modello di sviluppo finora imperante lungo l’arco alpino

 

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